I processi di ossidazione chimica possono essere applicati sia nell’ambito delle acque reflue che nell’ambito delle acque primarie.
L’obiettivo di tale trattamento è quello di degradare o rendere biologicamente degradabile alcuni composti altrimenti non degradabili o refrattari.
I processi di ossidazione chimica sono tra i più svariati; diversi sono ancora in fase di sviluppo per l’applicazione su scala industriale.
Tra gli ossidanti comunemente più impiegati si trova l’ipoclorito di sodio, l’ozono, il biossido di cloro e, in alcuni casi specifici, il processo Fenton. Esistono poi altre tipologie di processi che però, come anticipato, sono ancora in via di sviluppo.
Gli ossidanti a base cloro sono impiegati nell’ambito delle acque reflue principalmente per la disinfezione delle acque, anche se, negli ultimi periodi si sta diffondendo molto l’impiego delle lampade UV e l’utilizzo dell’acido peracetico. Nelle acque primarie trovano invece un uso più diffuso, sia come clorocopertura delle reti di distribuzione negli acquedotti, ma anche come pre trattamento di ossidazione per la rimozione di alcuni metalli come ferro e manganese.
L’impiego dell’ozono, così come le altre tecnologie di ossidazione chimica avanzata, va studiato attentamente per i suoi costi di investimento e di esercizio. Nell’ambito delle acque reflue la sua principale applicazione è quella indicata in premessa, degradare o rendere biologicamente degradabile alcuni composti che possono essere presenti nella fase acquosa. Nell’ambito della potabilizzazione è impiegato per consentire l’ossidazione di alcuni inquinanti, come ferro, manganese, arsenico e alghe, ma anche per rimuovere sostanze organiche come gli acidi umici.
In potabilizzazione, quando occorre ossidare inquinanti “semplici” come il ferro, ci si limita al processo di ossidazione ad aria o mediante l’impiego di ossigeno liquido.